"Niente sesso, siamo Inglesi". La Regina Vittoria e il David di Michelangelo.


La recente riapertura delle “Cast Courts” - le gallerie dei calchi del Victoria and Albert Museum di Londra  - offre l’occasione di raccontare la storia di una delle opere più bizzarre esposte in questo museo londinese: una grande foglia di fico in gesso, alta quasi mezzo metro.

La singolare scultura venne realizzata nel 1857, quando Leopoldo II d'Asburgo-Lorena, Granduca di Toscana, inviò in dono alla Regina Vittoria un calco a grandezza reale del David di Michelangelo.

Il calco del David nella East Cast Court del Victoria and Albert Museum - Londra
Il calco, giunto nella capitale Britannica, venne da subito destinato al South Kensington Museum (antico nome del Victoria and Albert), e si narra che quando la Regina Vittoria lo vide per la prima volta, la sovrana fu talmente scioccata  dalla monumentale nudità michelangiolesca che il suo primo commento riguardò la necessità di “fare qualcosa” per mascherare la scandalosa (?) virilità del David. 

Prontamente quindi Domenico Brucciani, scultore originario di Lucca e docente di modellato al Royal College of Art di Londra, venne incaricato di realizzare una foglia di fico, destinata a coprire le michelangiolesche pudenda.

La presenza della foglia sul calco del David non era costante: grazie a ganci metallici nascosti fra i peli pubici della statua era infatti possibile coprire o scoprire il pene del biblico eroe a seconda delle occasioni. Nello specifico la foglia veniva utilizzata esclusivamente in concomitanza delle visite di membri della famiglia reale o dell’alta aristocrazia (l’ultima sovrana a godere di tale privilegio fu la Regina Mary, nonna di Elisabetta II).

Agli occhi delle comuni visitatrici – e visitatori – nulla veniva nascosto. Non mancarono tuttavia proteste. Gli archivi del Victoria and Albert Museum conservano ancora oggi una lamentela fatta pervenire al museo da tale Mrs. Dobson, che nel 1903 faceva notare che “One can hardly designate these figures as 'Art'! If it is, it is a very objectionable form of art” (“Difficilmente queste figure possono essere intese come 'Arte'! Se lo sono, si tratta di una forma d’arte molto sgradevole”).
A questo e ad altri simili reclami la direzione del museo rispose facendo notare che le gallerie dei calchi venivamo comunemente utilizzate dalle istitutrici di giovani studentesse e che mai nessuna di loro si era lamentata della nudità delle statue.

Dopo aver giaciuto per anni nei depositi del museo, oggi la foglia di fico è permanentemente esposta in una teca collocata sul retro del piedestallo del calco del David (e sull’altro lato, per la gioia dei visitatori, anche il pisello della statua è costantemente esposto).

Il Victoria and Albert Museum – spesso abbreviato in V&A Museum – è aperto tutti i giorni dalle 10.00 alle 17.45. Il Venerdì alcune gallerie restano aperte fino 22.00 (si consiglia di controllare il sito del museo per sapere con esattezza quali spazi siano interessati dal prolungamento dell’orario di visita). Il Museo è chiuso il 24, 25 e 26 dicembre.



Londra - A casa dell'amante del Re: Lillie Langtry e il Grand Royale Hotel.

La lobby del Grand Royale Hotel, con un ritratto della Regina Vittoria.

Il fatto che Londra abbia un posto speciale nel cuore di Lord Bonold è fatto risaputo. Non solo perché nella capitale britannica si trovano alcuni dei musei più importanti al mondo, ma anche perché, praticamente da sempre, nutro un grande interesse per la Famiglia Reale Inglese.
Negli ultimi dieci anni, numerose sono state le mie visite a Londra, al punto che – ormai – ogni volta che qualcuno fra i miei amici e conoscenti pianifica un viaggio verso la capitale britannica, puntualmente mi viene chiesto di consigliare alberghi, ristoranti, cose da visitare e così via.
Dopo aver dedicato un post specifico al mio ristorante preferito, Sarastro, eccomi quindi a suggerire una struttura alberghiera che ha saputo davvero incontrare felicemente i gusti e gli interessi di Lord Bonold: il Grand Royale Hotel - London Hyde Park.


Con la sua bella facciata in stile franco-fiammingo, il Grand Royale Hotel è un edificio storico edoardiano, classificato come monumento di interesse nazionale di grado II.
La reception e la lobby sono impreziosite dall'originale elaborato rivestimento in boiserie e da bay windows chiuse da vetrate con inserti policromi, riproducenti stemmi nobiliari. A conferire un aspetto regale al Grand Royale Hotel contribuiscono anche le immagini della Regina Vittoria e della Regina Alessandra collocate sulle pareti della Lobby. 

La lobby del Grand Royale Hotel. Sulla sinistra il ritratto della Regina Alessandra.
Ma le connessioni fra il Grand Royale Hotel e la famiglia reale non si fermano alla presenza di queste effigi reali. Si racconta infatti che Edoardo VII, quando era ancora Principe di Galles, fece erigere l'edifico come residenza di una fra le sue più celebri amanti: Lillie Lagantry.

Lillie Langtry in un ritratto di Edward Poynter del 1878
Lillie Lagantry (1853-1929) fu una celebre attrice inglese, originaria dell'isola di Jersey. Donna di notevole bellezza - che le valse l'appellativo di "Jersey Lily", ovvero "il giglio di Jersey" - fu amica di Oscar Wilde, nonché musa, amata e corteggiata, di molti artisti dell'epoca vittoriana. Nella lunga lista dei suoi celebri spasimanti figurano anche  Frederick Leighton e Edward Burne-Jones.

La più celebre relazione di Lillie resta comunque quella con il Principe Alberto Edoardo del Galles (futuro Edoardo VII). I due si conobbero nel 1877 e la relazione durò fino al 1880. Il Principe era all'apoca già sposato con Alessandra di Danimarca, ma questo non frenò la sua indole libertina (lunga è la lista delle amanti ufficiali di "Dirty Bertie", e fra queste figura anche Alice Keppel, bisnonna di Camilla, l'attuale duchessa di Cornovaglia).
Invaghito di Lillie alla follia, il Principe fece addirittura in modo che l'attrice venisse presentata a corte: il "Giglio di Jersey" apparve quindi al cospetto delle Regina Vittoria e della Principessa Alessandra, indossando fra i capelli tre lunghe piume di struzzo, un chiaro richiamo all'emblema di Alberto Edoardo, nella sua qualità di Principe di Galles.

Sebbene la passione amorosa che il Principe nutriva per Lillie si fosse spenta nel 1880, anno in cui un'altra celebre attrice, Sarah Bernhardt, fece breccia nel cuore di Alberto Edoardo, i rapporti fra Lillie e il suo reale ex-amante restarono comunque ottimi, al punto tale che nel 1905, quando ormai Edoardo era succeduto alla Regina Vittoria sul trono, grandi lavori di ammodernamento vennero promossi nell'antico nido d'amore, costruito vent'anni prima. E per quanto tali lavori siano stati ufficialmente promossi dal banchiere Louis Spitzel, una persistente tradizione sostiene che il vero promotore dell'impresa sia stato lo stesso Edoardo VII. Notoriamente, infatti, il Sovrano continuò ad appoggiare la carriera teatrale della sua antica fiamma, anche dopo l'interruzione della relazione.

Il Bar del Grand Royale Hotel, già teatro privato di Lillie Langtry
I lavori vennero affidati agli architetti Charles Mewès e Arthur Davis, che da poco avevano concluso i lavori al Ritz Hotel di Londra. Il progetto, oltre ad un sostanziale rifacimento del precedente edificio, comprese anche la realizzazione di un teatro interno, con il chiaro scopo di dare un ulteriore slancio alla carriera di Lillie, che in quegli anni aveva intrapreso anche l'attività di produttrice.
Questo teatro privato - uno dei rari esemplari ancora  conservati  a Londra - ospita oggi il bar del Grand Royale Hotel. L'ambiente consta di due vani: uno circolare con copertura a cupola (la platea), ed un altro rettangolare, lievemente rialzato (il palco). Entrambi gli ambienti sono ornati da stucchi dorati in stile rococò e la sala a cupola è rivestita da specchi. Ad eccezione del proscenio con sipario, che divide i due vani, non sono presenti altri elementi scenici, come quinte o retroscena: in questo tipo di teatri "in doors", infatti, gli  allestimenti teatrali venivano normalmente predisposti all'occorrenza.

Una delle due sale per la colazione

Particolare della lobby con la grande bay-window.
Lo stile edoardiano "old fashioned" del Grand Royale Hotel si concentra negli ambienti a pian terreno e al primo piano, con le due sale per le colazioni. Ai piani superiori si trovano invece le camere per gli ospiti, moderne e confortevoli. In tutta la struttura è presente una Wi-Fi gratuita.



A Lillie Langtry è dedicata la suite principale dell'albergo, che si differenzia dalle altre camere per le dimensioni e per la presenza di un maestoso letto a baldacchino in legno, in fianco al quale è presente un ritratto della famosa attrice. La suite è corredata da una magnifica sala da bagno.


La Lillie Langtry Suite

La sala da bagno della Lillie Langtry Suite

Il Grand Royale Hotel fa parte del gruppo Shaftesbury Hotels.

Una foto pubblicata da Lorenzo Bonoldi (@lordbonold) in data:

Una foto pubblicata da Lorenzo Bonoldi (@lordbonold) in data:


Consigli per i viaggiatori: prenotate contattando direttamente l'hotel: le tariffe che si trovano sui grandi portali generalmente NON comprendono la colazione. Nelle recensioni online su questo hotel si fa spesso riferimento alle dimensioni ridotte delle stanze. In realtà le camere rientrano negli standard londinesi: difficilmente ne troverete di più grandi in edifici storici posti sotto tutela.  


Perugia: luci, colori, trasparenze e storia nel Museo-Laboratorio "Moretti Caselli".

Il museo-laboratorio "Moretti Caselli" di Perugia

La bella città di Perugia conserva, fra i suoi molti tesori, anche un raro esempio di casa d'artista pervenuta integra e ancora in funzione: il Museo Laboratorio "Moretti-Caselli"

La casa, ricavata all'interno dell'antica dimora della famiglia Baglioni (una delle poche scampate alla demolizione dei quartieri baglioniani ordinata da Paolo III Farnese a partire dal 1540), fu abitata e utilizzata come studio da Francesco Moretti (1833-1917) uno dei principali protagonisti italiani del revival della produzione artistica di vetrate, forma d'arte che conobbe grande fortuna in tutta Europa a partire dalla metà dell’Ottocento.


Insieme a Moretti, lavorarono qui anche il nipote Ludovico Caselli (1859-1922), e - successivamente - altri membri della famiglia, fino a Maddalena Forenza, che ancora oggi perpetua una tradizione domestica che rappresenta un vero e proprio patrimonio artistico fatto non solo di carte d'archivio, fotografie, disegni, studi preparatori e prove d'artista, ma anche di conoscenza, tecnica e sapere. E tanta passione.

All'interno di queste stesse mura, le mani di cinque diverse generazioni della stessa famiglia hanno quindi lavorato con passione vetro, piombo, stagno, rame e un'incredibile gamma di colori, creando capolavori unici, che oggi ornano monumenti come la Basilica di San Domenico a Perugia, il Duomo di Orvieto e la Basilica di Santa Maria degli Angeli ad Assisi.


All'interno del Museo Laboratorio "Moretti Caselli" si conserva un'increbile prova dell'abilità di Francesco Moretti: un magnifico ritratto della Regina Margherita di Savoia, realizzato nel 1881. Si tratta di un'opera davvero straordinaria, con la quale Francesco Moretti ha voluto dimostrare come la tecnica delle vetrate artistiche e la pittura su vetro potessero raggiungere i livelli qualitativi della ritrattistica tradizionale realizzata ad olio. In questo meraviglioso ritratto su vetro della Regina i passaggi chiaroscurali e le sfumature sono resi in maniera davvero incredibile (ingrandite l'immagine per apprezzarli in dettaglio): attraverso l'uso di diversi tratteggi - più larghi e più sottili - Moretti è riuscito a rendere visibile non solo ogni variazione nel colore dell'incarnato, ma ha anche restituito in maniera impeccabile la differenza fra le trame dell'abito, dei tendaggi e del tappeto che ricopre il tavolo sul quale è posta la corona sabauda.
Un altro elemento che caratterizza la qualità di quest'opera è il modo nel quale le legature al piombo - che uniscono i vari pezzi di vetro - sono perfettamente armonizzate nella composizione. In particolare tutta la linea del profilo del busto della Regina risulta invisibile, in quanto nascosta nella zona d'ombra alle sue spalle.



Fra le opere esposte nella casa museo figura anche una testa di Cristo, tratta dall'Ultima Cena dipinta da Leonardo da Vinci nel Refettorio di Santa Maria delle Grazie a Milano. La testa - che presenta una crepa passante lungo il collo e il mento, fu realizzata da Rosa (1896-1989) e Cecilia Caselli (1905-1996).

La genesi di quest'opera è legata alla commissione di una replica in vetro dell'Ultima Cena, affidata alle sorelle Caselli nel 1924 da Hubert Eaton, amministratore delegato del Forest Lawn Memorial Park di Glendale (Los Angeles). La grande vetrata - destinata al cimitero monumentale di Glendale, dove tuttora si trova - richiese ben cinque anni per essere realizzata.
Tutte le teste vennero dipinte da Rosa, con la tecnica "a punta di pennello", mentre Cecilia dipinse le vesti di Cristo e degli Apostoli. Fu un lavoro davvero monumentale, e durante la cottura dei singoli pezzi capitarono non pochi "incidenti di percorso". La sola testa di Cristo fu rifatta tre volte.
Uno dei due esemplari che si ruppero durante la cottura è proprio quello che ancora oggi viene esposto con orgoglio nel Museo Laboratorio "Moretti - Caselli", a ricordo di quanto questa forma d'arte - oggi padroneggiata da pochi - sia preziosa, delicata e fragile.

Una foto pubblicata da Lorenzo Bonoldi (@lordbonold) in data:

Sarastro: atmosfere da "Mille e una Notte" per una cena londinese fra Swing, Jazz e Rhythm and Blues.

Londra è una città che, dal punto di vista della ristorazione, offre innumerevoli possibilità: praticamente in ogni quartiere - se non addirittura in ogni isolato - potrete trovare ristoranti che sapranno incontrare i gusti e le esigenze di ogni palato e portafoglio.

Ma se quello che state cercando è un ristorante davvero fuori dalla norma, Sarastro a Covent Garden è il posto che fa per voi.



Il nome Sarasto è ispirato a quello del Gran Sacerdote del Regno della Saggezza, personaggio chiave del Flauto Magico di Mozart. L'atmosfera orientaleggiante ed onirica dell'opera di Mozart domina l'arredamento eccentrico del locale: drappi dorati, piume di pavone, maschere veneziane, lampade Tiffany e riproduzioni di quadri antichi - da Botticelli a Ingres - catapultano gli avventori del ristorante in una dimensione dannunziana, senza spazio e senza tempo.

La contaminazione e la varietà che caratterizzano gli arredi di Sarastro, connotano anche il menù, ricco e variegato: dall'hummus alle cozze provenzali, passando per l'immancabile "fish and chips" londinese. Ottimo il salmone.


Oltre ai tavoli al pian terreno, Sarastro offre posti a sedere anche in intimi palchetti, che danno l'impressione di cenare a teatro, in accordo con il motto del locale: "The show after the show".

E si tratta di uno spettacolo vero e proprio, soprattutto il giovedì sera, quando il ristorante ospita lo show live di Colin Roy, che, magistralmente, interpreta grandi classici della musica swing, jazz e rhythm and blues.
Fra cover di Nat King Cole, Frank Sinatra, Louis Armstrong, la presenza di Colin renderà la vostra cena una serata davvero indimenticabile.

E, sappiatelo, potrebbe anche capitarvi di ritrovarvi a ballare sulle note dell'intramontabile Hit degli Abba "Dancing Queen" in compagnia di una sosia della Regina Elisabetta (a me è successo).


Foto by @colinroyonline

Ultima nota di colore: non tralasciate di andare a "incipriarvi il naso" o a "cambiare l'acqua alle olive": sulle pareti dei bagni del locale troverete riproduzioni degli affreschi erotici di Pompei e amenità varie. Ma non preoccupatevi se viaggiate con minori al seguito: per i minorenni sono predisposte toilettes separate, prive di questo tipo di decorazioni.

Per tutte le ragioni sopra elencate, Sarasto è senza ombra di dubbio il locale londinese preferito da Lord Bonold. Assolutamente da provare!

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Perugia: storia e passione si intrecciano nelle trame dell'Atelier “Giuditta Brozzetti”.

Marta Cucchia in uno scatto di Steve McCurry per "Sensational Umbria"

Sin dai tempi dei miei studi universitari a Venezia nutro un forte interesse per la storia dei tessuti. Le lezioni della professoressa Doretta Davanzo Poli hanno instillato in me la passione per velluti, damaschi, rasi, e taffettà.

Durante il mio recente viaggio a Perugia, in occasione di #Mirabilia2014 ho avuto modo di visitare l'Atelier di Tessitura a Mano “Giuditta Brozzetti”, dove le sapienti mani di Marta Cucchia perpetuando una tradizione famigliare fatta di costanza, meticolosità e passione.


Una foto pubblicata da Lorenzo Bonoldi (@lordbonold) in data:

L'Atelier è situato all'interno di un edificio storico di grande interesse: la chiesa di San Francesco delle Donne, la prima chiesa francescana di Perugia, fondata nel 1212. 
Nel 1252 la chiesa passò alle alle monache Benedettine di Sant’Angelo (da qui la denominazione “delle Donne”), per poi essere chiusa al culto nel 1815.
Utilizzata successivamente come istituto per fanciulle povere, filanda e fabbrica di ceramica, dal 1993 la chiesa sconsacrata è sede del Laboratorio di Tessitura Brozzetti, la cui attività è attestata a Perugia già dal 1921.


All'interno di questo ambiente storico, le sapienti mani di Marta Cucchia – custode ed erede dell'attività iniziata dalla bisnonna Giuditta Brozzetti – riportano in vita antichi motivi decorativi, gli stessi che vennero immortalati nelle opere di Perugino, Pinturicchio e Signorelli.
Leoni rampanti, cervi, grifoni, lepri, chimere, fontane e fiordalisi compaiono come per magia sugli antichi telai a padali e a jacquard, che, a loro volta, rappresentano un patrimonio storico di grande valore.


I tessuti realizzati dall'Atelier Giuditta Brozzetti possono essere acquistati in loco e sul sito dell'Atelier.

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